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EVIDENZA SCIENTIFICA

Allenamento auxotonico

Auxotonico, le origini

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Il prefisso 'auxo' è il primo elemento di alcuni termini composti utilizzati prevalentemente in ambito medico. Significa accrescimento
(Scuola Nazionale Personal Trainer)


Per individuare l’origine dell’allenamento auxotonico dobbiamo tornare indietro di oltre un secolo, fino all’inizio del XX Secolo. Il pioniere di questo tipo di attività è stato il famoso culturista prussiano

Sandow Eugen (all’anagrafe Friederich W. Mueller 1867 – 1925), al quale viene anche attribuita l’invenzione del body building. Egli sfruttava la resistenza elastica per le sue sessioni di forza.
Negli anni ’60, i fisioterapisti utilizzavano già gli elastici, che in realtà erano tubi chirurgici (lacci emostatici) o camere d’aria. E’ solo alla fine degli anni ‘70 che gli elastici sono apparsi sul mercato come li conosciamo ora: con dei livelli di resistenza diversi che si possono riconoscere grazie al codice dei colori.

Ma come funziona?

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Per introdurre la contrazione auxotonica e il suo funzionamento è opportuno riferirsi alla definizione datagli da J. Weineck nel 2001, dove viene definita come tensione muscolare utile allo sviluppo della forza. Egli afferma che rappresenta una combinazione tra le tensioni isometriche e isotoniche, processo dove il sistema neuromuscolare si adegua mediante un continuo inserimento e disinserimento delle unità neuromuscolari, al cambiamento dei momenti di forza del peso ed alle variazioni di velocità.
La Federazione Italiana Fitness definisce la contrazione auxometrica come una contrazione concentrica, in cui la tensione muscolare cresce progressivamente man mano che il muscolo si accorcia. Ciò avviene quando la resistenza esterna tende ad aumentare durante la contrazione.
Le contrazioni auxometriche sono quelle che spesso vengono identificate con l’uso di elastici (ma anche catene e molle). Ma cosa significa in sintesi il temine auxotonico? Con poche parole, significa che la tensione sale mano a mano che il muscolo si contrae accorciandosi.
La FIF, per comprendere meglio questo concetto espone alcuni interessanti casi esempio.
Se eseguissi un curl con elastico bloccando un’estremità sotto il piede e l’altra afferrandola con la mano, cosa accadrebbe durante la fase concentrica? Nel momento in cui fletto l’avambraccio sul braccio (detta anche fase positiva) l’elastico si allungherà esercitando maggiore resistenza e il mio muscolo sarà costretto ad aumentare la propria forza per vincere tale progressiva tensione.
All’aumentare della resistenza, il muscolo dovrà quindi esprimere un proporzionale aumento della tensione. Man mano che l’elastico si allunga la tensione muscolare aumenta, infatti proprio per questa peculiare caratteristica le contrazioni auxometriche vengono dette contrazioni progressive.
Il fenomeno descritto non avviene con l’uso di oggetti liberi come bilancieri, manubri o kettlebell che viceversa sono contrazioni a resistenza variabile. In questo caso, esattamente all’opposto di una contrazione auxometrica, la tensione varia al variare della leva, del momento angolare, della gravità e diminuisce mano a mano che il muscolo si contrae accorciandosi.
Come accennato sopra, tali contrazioni non sono identificabili solo con gli elastici, ma anche con altri oggetti. Se per esempio eseguissi la panca piana e collegassi due catene all’estremità di un bilanciere, cosa accadrebbe durante l’esecuzione dell’esercizio? In fase eccentrica (quando il bilanciere scende verso il basso andando incontro al torace) le catene toccheranno il suolo e progressivamente ridurrebbero la loro resistenza. Viceversa quando spingerò l’asta e questa si allontanerà dal torace (in fase concentrica), la catena si staccherà sempre più dal suolo aumentando il carico. Ecco che i miei muscoli dovranno esercitare una resistenza maggiore per vincere la forza progressiva della catena.
Con le molle il principio è inverso all’elastico (quando si accorcia aumenta la tensione) ma comunque simile. Via via che la molla riduce la lunghezza aumenta la sua resistenza e per vincerla devo imprimere maggiore tensione su di essa. In buona sostanza e riassumendo, con elastici, catene e molle possiamo ottenere contrazioni auxotoniche.

Auxotonico o pesi liberi? Le differenze tra i metodi di allenamento

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Per comprendere meglio non solo quelle che sono le differenze sostanziali tra la metodologia auxotonica e le altre (in particolare isotonica), ma anche gli effetti che queste forme di attività hanno sul corpo umano ci rifacciamo alle parole di Vincenzo Canali, ex allenatore della Nazionale italiana femminile di ginnastica artistica e di trampolino elastico sia maschile che femminile, Cultore della materia all’Università di Parma.
Egli afferma che il metodo auxotonico, grazie alle caratteristiche precedentemente descritte, risulta abbinabile al sistema isotonico e, al tempo stesso, può sostituirlo.
Sinteticamente, dice, il sistema auxotonico può essere definito come equilibrio tra forza e stabilizzazione.
Sull’argomento sono state svolte numerose ricerche e riportiamo in seguito alcuni estratti di pubblicazioni che possono aiutarci nella comprensione di questo importante concetto.
Il primo studio riportato è firmato dal Dott. Fabiano F. Lima (Universidade Estadual Paulista) e collaboratori nel 2018. Gli obiettivi dello studio erano confrontare gli effetti dell’allenamento di resistenza utilizzando un sistema auxotonico con macchine per pesi convenzionali sulla forza muscolare, sulla capacità di esercizio funzionale e sulla qualità della vita correlata alla salute (HRQOL) nella mezza età e negli anziani adulti sani.
In questo studio clinico ventinove adulti di mezza età sono stati assegnati in modo casuale a uno dei tre gruppi definiti a priori: allenamento di resistenza con tubi elastici (ETG), allenamento di resistenza convenzionale (macchine con i pesi) (CTG) e gruppo di controllo (CG).
Sia l’ETG che il CTG hanno seguito un allenamento di resistenza di 12 settimane (3x / settimana - arti superiori e inferiori). Forza muscolare, capacità di esercizio funzionale e HRQOL sono stati valutati al basale, 6 e 12 settimane. CG ha subito le tre valutazioni senza che sia stato fornito alcun intervento formale o consulenza di attività. ETG e CTG aumentavano in modo simile e significativo la forza muscolare (16-44% in ETG e 25-46%), capacità di esercizio funzionale (ETG 4 ± 4% e CTG 6 ± 8%;). È stato possibile osservare un miglioramento del dominio ‘dolore’ di HRQOL solo nel CTG (21 ± 26%).

Il CG non ha mostrato alcun miglioramento statistico in nessuna delle variabili studiate.
Lo studio ha evidenziato come l’allenamento di resistenza utilizzando il sistema auxotonico e l’allenamento di resistenza convenzionale utilizzando macchine per pesi hanno promosso effetti positivi simili sulla forza muscolare periferica e sulla capacità di esercizio funzionale negli adulti sani di mezza età e più anziani.
Gli effetti positivi dell’allenamento auxotonico erano già stati studiati in precedenza sulle fasce muscolari degli adduttori dell’anca dal Dott. M. Brandt e collaboratori (National Research Centre for the Working Environment - Musculoskeletal disorders - Copenhagen), i quali avevano evidenziato, in uno studio del 2013, che sebbene la resistenza elastica e la macchina con pesi classica sembrino ugualmente efficaci per reclutare l’attività muscolare, la condizione di resistenza elastica è stata in grado di dimostrare un maggiore reclutamento muscolare rispetto alla macchina isotonica durante gli esercizi finalizzati all’abduzione dell’anca.
Sempre a Copenhagen nel 2012, il Dott. Markus D. Jakobsen pubblicò uno studio precursore a quello del suo collega, dove evidenziava come le estensioni del ginocchio eseguite con tubi elastici inducono un’attività muscolare del quadricipite simile (> 70% nEMG) durante la fase di contrazione concentrica, ma leggermente inferiore durante la fase di contrazione eccentrica, come le estensioni del ginocchio eseguite utilizzando una macchina per l’allenamento isotonico.
Prima ancora dello studio danese, nel 2010 un’equipe di ricercatori spagnola, capitanata dal Dott. Colado, J. C. aveva raccolto importanti informazioni in una pubblicazione i cui risultati indicano che l’allenamento di resistenza utilizzando tubi elastici o macchine per pesi o pesi liberi presenta miglioramenti equivalenti nella forza isometrica nei programmi a breve termine applicati nelle giovani donne, come sportivi dilettantistici e atleti.
Una volta chiarita la differenza tra attività auxotonica e le altre forme di allenamento, è importante   comprendere, come spiega ancora la FIF, se questo tipo di contrazioni aumenti o meno la produzione di acido lattico all’interno del muscolo.
La risposta è da ricercare nel tempo sotto tensione (T.U.T.): se utilizzo un elastico con una resistenza sufficientemente alta per la mia condizione fisica, ed eseguo una serie che mi permette di sfruttare il sistema anaerobico lattacido, produrrò un accumulo di lattato alla pari di altri tipi di contrazioni.
In breve, come espone sempre la FIF, il lattato stimola l’ipofisi anteriore a produrre l’ormone della crescita. Tale ormone risulta essenziale per l’ipertrofia e dunque per il potenziamento di aree deboli o a cui vogliamo dare maggiore sviluppo. Ciò risulta cruciale non solo per fini prettamente estetici ma anche per il recupero funzionale di aree che si sono indebolite in seguito a traumi con eventuale uso prolungato di gessi/tutori e che ci hanno costretti ad inattività.

L’auxotonico nella fisioterapia

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Per definire il ruolo dell’allenamento auxotonico in ambito fisioterapico e del recupero funzionale facciamo riferimento alle parole del Prof. Roberto Calcagno (autore del libro “L’alimentazione vincente”, testo adottato dall’ISEF di Torino, facoltà presso la quale è stato consulente esterno).
Nei suoi scritti sottolinea come sia fondamentale tenere presente due caratteristiche che rendono le contrazioni auxotoniche non sempre adeguate: il carico progressivo e l’assenza di ‘fasi di stasi’, che possono comportare a movimenti di rimbalzo (balistici). Infatti, il carico progressivo, se mal gestito, può essere controindicato nel recupero da infortuni, perché i carichi che vanno ad aumentare quando aumenta il range of motion (ROM), ad esempio in caso di infortuni all’ LCA, possono essere rischiosi.
Per quanto riguarda i movimenti balistici, spesso e volentieri, sia nello sport che soprattutto nel fitness, si rilevano inutili, e a volte dannosi.
Nonostante questa prefazione, afferma che la riabilitazione attraverso metodo auxometrico è una tecnica basilare della riabilitazione motoria che consiste nell’esecuzione di esercizi fisici atti a esercitare la muscolatura, tramite la tensione di fasce elastiche. La base del metodo è innanzitutto la prevenzione di patologie al rachide e a tutte le grandi articolazioni attraverso protocolli con lavoro auxotonico e riequilibrio muscolare. Questi elementi rappresentano un presupposto fondamentale per il mantenimento di un buono stato di salute delle diverse articolazioni del corpo.
Il metodo è dedicato a terapie motorie a carattere generale, impiego in recuperi e preparazioni specifiche, allenamenti dedicati allo sviluppo della resistenza e della propriocettività.
Inoltre definisce il metodo auxotonico ideale per una corretta progressione dei carichi durante il processo riabilitativo.
Egli evidenzia i benefici di questo tipo di attività nelle proprietà della forza elastica.
La forza elastica è una forza direttamente proporzionale alla forza applicata per il suo allungamento da una posizione di partenza a riposo; inoltre si oppone alla deformazione, quindi ne segue che, man mano che si aumenta la tensione aumenta anche l’intensità che occorre per l’allungamento.
In conclusione suggerisce di ricorrere a contrazioni di tipo auxotoniche perché aumentando l’escursione del movimento aumenta la contrazione, con il massimo carico a fine corsa. Questa particolare condizione tende a stabilizzare l’articolazione.
Ancora una volta è la FIF a chiarificare queste contrapposizioni, formulando un ragionamento sul ruolo fisioterapico degli elastici e in generale delle contrazioni auxometriche.
La caratteristica di aumentare la resistenza nel momento in cui il muscolo si accorcia, le rendono interessanti se si analizzano e si ragiona sul fatto che in questa condizione l’articolazione lavora in un ROM meno pericoloso.

Ci viene proposto l’esempio della panca piana: la spalla soffre maggiormente quando il bilanciere si trova a ridosso del petto, oppure alla sua massima altezza? Indubbiamente quando si trova in basso, pertanto in quel punto l’uso di catene o elastici significherebbe una bassa tensione. Mano a mano che salgo e la spalla aumenta la sua ‘stabilità’ la resistenza aumenta, rendendo dunque l’esercizio più intenso ma anche più sicuro a livello articolare.
Questo ragionamento lo possiamo estendere a qualsiasi esercizio, ed ecco spiegato il fatto che nelle prime fasi di riabilitazione si prediligano gli elastici ad altre tipologie di oggetti.
Infine la FIF sottolinea un aspetto da non sottovalutare: in merito a questi strumenti possiamo trovare in commercio diversi tipi di articoli, da quelli a resistenza bassa, media o alta ma anche con lunghezze diverse poiché non possiamo pensare di utilizzare gli stessi in tutti gli esercizi.
Ad esempio per i distretti inferiori sarà opportuno preventivare elastici più lunghi rispetto a quelli per gli arti superiori. In ogni caso occorre valutare le diverse lunghezze da scegliere in funzione degli esercizi che intendo eseguire con questi oggetti tanto interessanti.

Vedi la bibliografia

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